Da pochi giorni su Netflix, “Downfall” – la caduta – potrebbe sembrare dal titolo l’ennesimo film del filone catastrofico. Ma è un documentario, e tutto quello che si vede è drammaticamente vero. Rory Kennedy, il regista, si occupa di due incidenti aerei avvenuti nell’ottobre del 2018 in Indonesia e nel marzo del 2019 in Etiopia, che uccisero complessivamente 346 persone. Ne indaga le cause, e dimostra senza ombra di dubbio che non si trattò di tragiche fatalità e che i piloti dei due aerei non avevano nessuna responsabilità nell’accaduto. Erano gli aerei, due Boeing 737 Max con pochi mesi di vita, ad avere problemi strutturali. La Boeing lo sapeva e non fece nulla per risolverli. Anzi, cercò di nasconderli per avere il tempo di intervenire senza allarmare le compagnie aeree che stavano comperando centinaia di esemplari del nuovo aereo, attirate dai bassi costi di gestione e dalla possibilità di non sottoporre i piloti a costosi corsi di aggiornamento.
Chi ha buona memoria ricorderà che dopo molte esitazioni le autorità di controllo misero a terra i nuovi aerei. La Boeing silurò il suo amministratore delegato, e il problema fu alla fine superato. Ma il racconto dettagliato di quello che accade, dei tentativi di insabbiamento, delle preoccupazioni dei tecnici della Boeing licenziati perché denunciavano la decisione della compagnia di sacrificare la sicurezza sull’altare del profitto, fa di “Downfall” un documentario che merita di essere visto.
Il contrasto tra la dignità dei parenti delle vittime, riuniti in un comitato per ottenere giustizia, e il cinismo dei dirigenti Boeing fa ribollire il sangue nelle vene. E la pacata testimonianza della moglie del pilota indonesiano, ingiustamente accusato di incapacità, è uno dei momenti che dimostrano quanta forza può avere il giornalismo di inchiesta quando decide di non piegarsi ai potenti di turno. Ne abbiamo bisogno un po’ tutti, in questi momenti difficili.
gbg