Denzel Washington è uno dei pochi attori in grado, con la loro sola presenza, di trasformare un film mediocre in un buon film. Lo aveva fatto con “Equalizer 1” e anche, in parte, con “Equalizer 2”. Ma questa volta, complice anche l’età che lo rende assai poco credibile nei panni del giustiziere, non c’è riuscito. “Equalizer 3” è un polpettone senza capo né coda, dove il sangue versato a profusione e la suggestiva ambientazione nella costiera amalfitana non bastano a nascondere le debolezze della storia, che si trascina stancamente tra uno stereotipo e l’altro verso lo scontatissimo finale.
Ecco la trama. Il misterioso Robert McCall arriva in Italia e fa strage di cattivi in una masseria siciliana, ma viene ferito. Mezzo morto, riesce comunque ad arrivare in Campania, dove gli abitanti dell’immaginario paese di Altamonte – un condensato di splendide immagini di Atrani, Minori e Ravello – si prendono cura di lui e in pratica lo adottano. Il redivivo eroe ricambierà l’accoglienza liberandoli dalla fastidiosa presenza della camorra. Il tutto complicato dalla presenza di non meglio precisati terroristi e di una giovane agente della Cia che ha il volto inespressivo di Dakota Fanning.
Nel cast ci sono molti attori italiani, tra i quali spiccano il medico Remo Girone, Eugenio Mastrandrea, il carabiniere buono e regolarmente pestato dai cattivi, e Andrea Scarduzio, il crudelissimo capo della camorra locale.
Dopo il successo dei primi due capitoli della saga, sembra che il regista Antoine Fuqua e lo sceneggiatore Richard Wenk abbiano affrontato l’impegno senza entusiasmo, confidando più sul fascino del marchio che sulla inventiva. Denzel Washington, uomo intelligente, lo ha capito e ha fatto sapere che non interpreterà più McCall. Ma i due non demordono, e vorrebbero mettere in cantiere un quarto episodio della serie, un prequel per spiegare che cosa abbia trasformato McCall in una micidiale macchina per uccidere.
gbg