Solo trenta sale in Italia hanno ancora in programmazione “As Bestas”, del regista spagnolo Rodrigo Sorogoyen, ed è un peccato, perché è un film che ha tutto quello che serve per piacere al grande pubblico: una sapiente regia al servizio di una trama avvincente e carica di tensione, una fotografia molto curata, capace di rendere al meglio le ambientazioni, e una recitazione senza sbavature, che riesce ad essere misurata anche nei momenti più drammatici.
La vicenda, ispirata a un fatto di cronaca, si svolge in un piccolissimo paese della Galizia, dove due colti francesi amanti della natura, marito e moglie, si sono stabiliti per dedicarsi all’agricoltura biologica. Ma il loro voto contrario all’installazione di alcune pale eoliche sul territorio non piace ai locali, che sperano negli indennizzi per uscire dalla miseria. Il contrasto diventa presto una guerra aperta tra i coniugi e i vicini di casa, due fratelli che annegano nell’alcol le loro frustrazioni e trovano nell’odio per lo straniero un modo per riaffermare la propria incerta identità culturale.
I due mondi sono inconciliabili. Dal sarcasmo si passa agii insulti, dai raccolti distrutti alla violenza fisica, in un crescendo tanto drammatico quanto scontato, che Sorogoyen trasforma in una parabola dal valore universale, bene assecondato da un bel gruppo di attori. Denis Mènochet è il professore francese, Marina Foïs la moglie che diventa protagonista nella seconda parte del film, mentre gli spagnoli Luis Zahera e Daniel Anido interpretano i due fratelli.
Il film, come già era accaduto a un’opera precedente di Sorogoyen, “Il Regno”, dedicato alla corruzione nella politica spagnola, ha ricevuto molti premi. E che sia bello lo si intuisce dalla prima splendida scena, la doma a mani nude di un cavallo selvaggio, dove gli uomini e l’animale diventano una cosa sola in una lotta per la sopravvivenza non molto diversa da quella che seguirà.
gbg