Erano pieni di speranze i due seduti in platea davanti a me, perché un loro amico aveva detto che “faceva ridere”, ma Tolo Tolo li ha delusi e alla fine se ne sono andati ingrugniti. Evidentemente erano tra i molti che in questo paese preferiscono ignorare il dramma dei migranti, o peggio ci speculano su.
Checco Zalone è stato coraggioso. Avrebbe potuto proseguire sulla fortunata strada tracciata dai suoi primi lavori, divertenti ma anche un po’ esili perché costruiti sull’eterno contrasto tra i vizi e le virtù dell’italiano medio Questa volta non ha avuto paura di schierarsi e ha messo la sua straordinaria maschera comica al servizio di una buona causa.
La vicenda è semplice. Oberato dai debiti, Checco scappa in Africa, dove lavora in un lussuoso resort che viene distrutto da una incursione dell’Isis. Privo di documenti, si unisce ad alcuni amici neri in un viaggio della speranza verso l’Europa, affrontando il deserto, le milizie armate, le carceri libiche e i pericoli della traversata del Mediterraneo su un barcone. Il tono è leggero, a volte fiabesco, e si ride molto. Ma si è anche costretti a pensare e a fare i conti con una realtà che molti preferiscono negare.
Tolo Tolo non è un film perfetto, e in alcuni momenti, come il finale, lascia perplessi. Gli incassi record dei primi giorni di programmazione dimostrano però che è in grado di raggiungere una platea vastissima, e di coinvolgere anche persone che sul tema delle migrazioni conoscono soltanto gli sproloqui dei talk show televisivi.
Con il suo vero nome, Luca Medici, Checco Zalone è anche il regista e l’autore delle musiche, e suoi sono il soggetto e la sceneggiatura, in collaborazione con Paolo Virzì. Una citazione a parte merita il trailer con la ormai notissima canzone tormentone, che è stato girato appositamente e non ha nulla a che vedere con la vicenda narrata. Una raffinata scelta di marketing, e la dimostrazione che Zalone non è soltanto un ottimo comico.
gbg