Robert Bilott, avvocato specializzato nella difesa degli interessi aziendali, nel 1998 accetta di difendere un allevatore della Virginia Occidentale amico della nonna, che accusa il colosso chimico Dupont di avere inquinato i suoi terreni provocando la morte di centinaia di mucche.
“Cattive acque”, del regista americano Todd Haynes, racconta la storia vera delle indagini e delle azioni legali condotte per quasi vent’anni da Bilott, interpretato da Mark Ruffalo. Vincendo molte resistenze a tutti i livelli, il combattivo avvocato dimostra che l’inquinamento non è limitato ai terreni dell’allevatore, ma coinvolge le falde idriche dell’intera città, e soprattutto scopre che la Dupont e altre aziende chimiche nascondono da anni agli operai e alla popolazione i rischi legati alla produzione dell’acido perfluoroottanoico, componente base del teflon. Un argomento che ancora oggi è oggetto di controversie scientifiche e giudiziarie.
“Cattive acque” è un bel film, che appassiona anche se non cerca forzature di tipo spettacolare e si limita a ricostruire in modo fedele gli avvenimenti. La mucca impazzita che assale il suo allevatore e deve essere abbattuta a fucilate lascia il segno, così come la dichiarazione giurata del gran capo della Dupont, che annaspa incalzato dalle domande di Bilott. Una citazione a parte, e di grande impatto emotivo, spetta a un uomo nato con una grave malformazione facciale a causa dell’esposizione della madre all’acido perfluoroottanoico, che interpreta se stesso.
Anche la fotografia ha la sua importanza. Per tutta la prima parte del film, quasi a sottolineare le difficili condizioni di vita di una popolazione minacciata dall’inquinamento, il regista ha scelto toni cupi e virati al grigio, che ha progressivamente reso più luminosi verso la fine. Quasi un messaggio di speranza, anche se l’acido perfluoroottanoico, classificato come potenzialmente cancerogeno, continua ad essere prodotto in tutto il mondo.
gbg