Barbie secondo Greta Gerwig

Mi domando quanti dei giovanissimi che affollano le sale dove si proietta “Barbie” sappiano che la scena iniziale del film è il fedele rifacimento della scena iniziale di “2001: Odissea nello spazio”, indiscusso capolavoro del grande Stanley Kubrick. Al posto delle scimmie ci sono bambine costrette a giocare alle mamme con vecchie e tristissime bambole, e al posto del misterioso monolite che insegna alle scimmie ad usare un osso come clava c’è una statuaria Margot Robbie nei panni di Barbie, che aiuta le bambine a liberarsi dalla schiavitù distruggendo le bambole della tradizione. Il tutto con la stessa suggestiva  colonna sonora: Così parlò Zarathustra di Richard Strauss. 

“Barbie” è quasi un musical, quasi una fiaba, quasi un cartone animato, quasi una parodia, quasi un manifesto femminista. Ma soprattutto è una intelligente operazione commerciale che sta macinando incassi miliardari in tutto il mondo per la gioia della Mattel, che lo ha prodotto. Personalmente, dopo l’interesse iniziale, nell’ultima parte mi sono un po’ annoiato, ma probabilmente dipende dall’età. In compenso è stato divertente dare la caccia a tutte le citazioni cinefile e musicali che la regista Greta Gerwig, autrice anche della sceneggiatura insieme al compagno di vita Noah Baumbach, ha disseminato nel film. Quelle tratte da “The Truman Show”, “Matrix”, “Westworld”, “Toy Stories”, “Rocky” e “Top Gun” sono le più evidenti, ma ce ne sono tante altre. Ed è bella anche l’idea di inserire tra le Barbie e i Ken che popolano il magico mondo della bambola personaggi ispirati ai modelli ritirati dal commercio perché non hanno avuto successo.

Margot Robbie ha tutte le carte in regola per interpretare la Barbie primigenia, stereotipo della donna perfetta. Ryan Gosling, nei panni di Ken, è strepitoso nella sua trasformazione da bambolotto asessuato a super macho con tanto di pelliccia bianca alla “Rocky”. Splendida la fotografia, volutamente fiabesca e dominata dal colore rosa.

gbg

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