Le atmosfere retro non mancano. I colori pastello ci sono. L’elegante fotografia iperrealistica è quella di sempre, e così pure le riflessioni sulla realtà e la finzione, sull’arte di raccontare e sui limiti di ogni processo creativo.
“Asteroid City” è un film di Wes Anderson alla ennesima potenza, che piacerà sicuramente agli amanti di questo eccentrico regista, ma lascerà tutti gli altri in preda al dubbio di essersi persi qualcosa di fondamentale e di non avere capito fino in fondo il messaggio.
La storia è un pretesto. Siamo negli anni Cinquanta, un commediografo alle prese con una profonda crisi creativa ne esce innamorandosi di un legnoso aspirante attore e affidandogli una parte nella sua ultima commedia, ambientata in una città sorta nel deserto attorno al cratere lasciato da un asteroide. In occasione di un concorso per giovani scienziati in città arrivano astronomi, scolaresche, cantanti country, attori, fotografi, e anche – inaspettato – un alieno che i militari cercano di nascondere, senza peraltro riuscirci. Nel corso di una quarantena imposta dal governo i personaggi interagiscono nei modi più pazzi, e a volte dialogano con il commediografo e il regista in brevi intermezzi girati in bianco e nero. Ma quando l’alieno riparte con la sua astronave l’interesse per la vicenda viene meno e tutti se ne tornano a casa.
Wes Anderson ci ha regalato piccoli gioielli come “I Tenenbaum”, “Moonrise Kingdom” e “Budapest Hotel”, ma nei suoi ultimi lavori le riflessioni politico- esistenziali sembrano avere preso il sopravvento sul piacere del racconto, e “Asteroid City” ne risente. Nulla da dire, invece, sugli interpreti. Come già in altri film i grandi nomi sentono il fascino del regista e accorrono anche quando devono accontentarsi di parti minori. Qui tra gli altri ci sono Scarlett Johansson, Tom Hanks, Tilda Swinton, Edward Norton, Adrien Brody, Matt Dillon, Willem Dafoe e Margot Robbie. E scusate se è poco.
gbg