Christopher Nolan è affascinato dal tempo. In “Dunkirk” aveva ottenuto uno straordinario risultato intrecciando tre storie con durate temporali diverse per raccontare l’evacuazione dei soldati inglesi attraverso la Manica, sotto le bombe tedesche. In “Tenet”, in questi giorni nelle sale, si spinge oltre, immaginando un agente segreto in stile James Bond, alle prese con un supercattivo che vuole distruggere il mondo grazie a una tecnica di inversione dei flussi temporali importata dal futuro. Ma la cosa gli è riuscita meno bene, e dopo due ore e mezzo di film lo spettatore esce dalla sala pieno di dubbi su quello che ha appena visto.
Intendiamoci. Nolan è un ottimo regista, e non delude chi cerca nel cinema immagini straordinarie, riprese mozzafiato e esperienze sensoriali estreme. “Tenet” , con i proiettili che ritornano in canna e i soldati che corrono all’indietro attraverso esplosioni “a rovescio”, si fa guardare per i continui colpi di scena, ma è anche appesantito dalla complessità della trama, che si basa su alcune serissime ipotesi della fisica contemporanea. E le spiegazioni sulle basi teoriche dell’inversione temporale, inserite qua e là nella narrazione, risultano a volte artificiose e di difficile comprensione.
Nolan ha lavorato per anni al progetto del film, che è costato oltre duecento milioni di dollari. Nel cast ci sono John David Washington, figlio del più celebre Denzel, Robert Pattinson, e un carismatico Kenneth Branagh nella parte del supercattivo Andrei Sator. Elisabeth Debicki è Kat, la bella e algida moglie di Sator.
“Tenet”, che in altri tempi avrebbe sbancato il botteghino, è uscito in piena emergenza Covid. Io l’ho visto in un locale semivuoto, rispettando le regole di distanziamento e indossando una mascherina. Ma resto convinto che il piacere di sedersi davanti a un grande schermo in una sala buia, immersi in un avvolgente sonoro, superi ogni fastidio. Dunque torniamo al cinema.
gbg