Troppo razzismo, nelle cronache italiane di questi mesi. Così abbiamo deciso di celebrare Ferragosto con una delle più belle canzoni della storia della musica. Eccone i versi, con la traduzione.
Southern trees bear strange fruit
Blood on the leaves and blood at the root
Black bodies swinging in the southern breeze
Strange fruit hanging from the poplar trees
Pastoral scene of the gallant south
The bulging eyes and the twisted mouth
Scent of magnolias, sweet and fresh
Then the sudden smell of burning flesh
Here is fruit for the crows to pluck
For the rain to gather, for the wind to suck
For the sun to rot, for the trees to drop
Here is a strange and bitter crop
(Gli alberi del sud hanno uno strano frutto, sangue sulle foglie e sangue alle radici. Corpi neri oscillano nella brezza del sud, uno strano frutto appeso dagli alberi di pioppo. Scena pastorale del prode sud, gli occhi sporgenti e le bocche contorte, profumo di magnolia, dolce e fresco, nell’improvviso odore di carne che brucia. Ecco il frutto che i corvi beccano, che la pioggia coglie, che il vento succhia, che il sole fa marcire, che gli alberi fanno cadere. Ecco un raccolto strano e amaro).
“Questa canzone aiuta a distinguere le persone a posto dagli idioti e dai cretini”. Così diceva Billie Holiday di “Strange fruit”, la canzone forse più famosa del suo repertorio, che denunciava attraverso i versi e la musica del poeta ebreo e comunista Abel Meeropol il linciaggio dei neri negli stati razzisti del sud degli Stati Uniti.
Strange fruit aveva una certa notorietà tra gli attivisti americani. Fu eseguita per la prima volta dalla “signora del blues” nel 1939, in uno dei pochi locali di New York che rifiutavano le discriminazioni. Billie Holiday racconta che il pubblico la accolse in silenzio, fino a quando uno spettatore, uno solo, incominciò lentamente a battere le mani, e gli altri lo seguirono.
Da allora gli applausi non si sono più fermati, in tutto il mondo. Strange fruit è diventata un simbolo potente della lotta contro il razzismo, e molti nomi famosi l’hanno cantata. Ma la interpretazione aspra e tormentata di Billie Holiday resta insuperabile per intensità e passione. Ogni volta che la riascolto non posso non restare in silenzio, con un groppo alla gola, come accadde a quei primi spettatori.
Da qualche tempo, poi, al groppo alla gola si aggiunge la rabbia in corpo per la china pericolosa che l’Italia sta scendendo. Certo, non abbiamo ancora appeso un nero a un pioppo, come facevamo gli onesti cittadini dell’Alabama “per dare un esempio”. Ma le cronache riportano insulti, aggressioni, ronde sulle spiagge, lanci di uova, armi ad aria compressa che feriscono “per errore”, mentre il governo fa finta di non vedere e quando interviene lo fa per negare che gli episodi abbiano motivazioni di carattere razziale.
Stiamo giocando con il fuoco. E non ci rendiamo conto che anche qui, nell’Italia del 2018, rischiamo di sentire nell’aria, insieme al profumo di magnolia dolce e fresco, un improvviso odore di carne bruciata.
Battista Gardoncini