Si può fare spettacolo – e che spettacolo – anche partendo da una vicenda lineare nella sua semplicità e dall’esito passato alla storia: la decisione dei giornali americani di pubblicare le carte segrete del Pentagono sulla guerra del Vietnam nonostante le minacce dell’amministrazione Nixon. Basta chiamarsi Steven Spielberg e avere a disposizione due attori straordinari come Meryl Streep, nei panni della proprietaria del Washington Post Kay Graham, e di Tom Hanks, nei panni del suo combattivo direttore Ben Bradlee. The Post è il titolo del film, e vale davvero la pena di vederlo.
Il primo giornale a pubblicare parte delle carte, trafugate da funzionario che era stato in guerra e aveva visto quello che i politici nascondevano al Paese, è il New York Times. Ma si ferma davanti alla ingiunzione di un giudice. Il Washington Post viene in possesso dello stesso materiale, e si trova davanti a un dilemma: piegarsi alle richieste del governo o andare avanti, nonostante i rischi per la sopravvivenza del giornale e per la libertà personale dei suoi vertici.
Chiamati a una decisione difficile, il mastino Bradlee e i suoi cronisti d’assalto non hanno dubbi. Bisogna pubblicare, costi quello che costi. Ma la decisione definitiva spetta alla signora Graham, che ha ereditato il giornale dal padre e lo gestisce in solitudine dopo il suicidio del marito. Una monumentale Meryl Streep dipinge il ritratto di una donna combattuta tra il timore di perdere tutto e la consapevolezza dell’importanza di una stampa libera e indipendente. I consiglieri economici, scettici sulla sua capacità di giudizio, la esortano alla prudenza. Gli avvocati le prospettano pesanti conseguenze penali. Molti dei suoi amici fanno parte dell’establishment politico e culturale chiamato pesantemente in causa dalle carte.
Soltanto dopo il suo sofferto sì partono le rotative, seguite nei giorni successivi da quelle degli altri giornali. La corte suprema è costretta a smentire l’amministrazione Nixon: la libertà di stampa non si tocca, i giornali non sono al servizio dei governi, ma dei governati.
Pochi anni dopo sarà un’altra inchiesta del Washington Post a inchiodare Nixon con lo scandalo del Watergate.