Tutte da scoprire le sue capacità di organizzare un festival, e per di più una manifestazione così unica e particolare come il Festival di cinema gay, ovvero il Tglff, vale a dire Torino gay and lesbian film festival. Quindi non resta che aspettare.
Intanto c’è il nome del nuovo direttore: Irene Dionisio, trent’anni, regista, sceneggiatrice, fotografa, artista di installazioni, videoinstallazioni, e… quant’altro. La sua nomina non è ancora ufficiale, ma è questione di ore. Ore che tuttavia, in base ad alcune recenti esperienze in fatto di nomine nella cultura e dintorni, potrebbero anche essere alcune centinaia. Aspettano, dalle parti del Comune, dove la scelta del nuovo direttore sarebbe nata ad opera dell’assessore alle Famiglie, attenzione, al plurale, Marco Giusta, e del Museo del cinema. Aspettano chissà che cosa. Senza curasi più di tanto che, stando al periodo in cui dovrebbe svolgersi Cinema gay, fine aprile, siamo praticamente alla vigilia. Perché il programma di un festival, come è noto un po’ a tutti, non si improvvisa in due-tre mesi. E se dovesse proprio farlo il nuovo direttore, si può sta certi che non ce la farebbe. Ma per fortuna del festival c’è già chi ci lavora, più o meno informalmente, da tempo.
Il nome di Irene Dionisio, ancorché riservato, comunque circolava da un paio di settimane. E ora è venuto fuori. Laureata in filosofia, la giovanissima Dionisio, ha una lunga esperienza nel campo delle arti, quasi tutte, e nessuna nell’organizzazione di festival. La sua arte preferita è quella del cinema, e negli ultimi anni ha realizzato una mezza dozzina di apprezzati documentari e cortometraggi “impegnati nel sociale”: comunità e individui marginali, questione femminile e “di genere”, stranieri. Ha ricevuto numerosi premi in piccoli festival e ha relazioni artistico-culturali con la Francia e la Svizzera. Nella sua formazione, ha frequentato la scuola del documentario di Daniele Segre e Marco Bellocchio, la scuola Holden di Baricco, e il documentario lo ha anche insegnato, all’Arci – da allievi a docenti spesso il passo è breve – il cui presidente negli anni scorsi è stato l’attuale assessore Giusta.
L’anno scorso Irene Dionisio ha firmato il suo primo, e per ora anche ultimo, lungometraggio: “Le ultime cose”, presentato, unico italiano, alla Mostra del cinema di Venezia nella Settimana della critica, sezione indipendente del festival curata dai critici cinematografici. Questo il trailer.
Ambientato nel microcosmo del Banco dei pegni, è un film che ha diviso: molti delusi da un’opera prima firmata da una regista dalla quale ci si aspettava e si sperava molto, accanto ad altrettanti sostenitori che hanno apprezzato e privilegiato le buone intenzioni e la possibilità di fare meglio più avanti. Il cinema della crisi, con i poveri sempre più poveri, costretti per sopravvivere a impegnare qualche piccolo gioiello e altre povere cose. Un film fatto con tanto impegno e tuttavia molto fragile, con tanti “luoghi comuni”, il dirigente corrotto, cinico e cattivo, il giovane impiegato innocente, buono ma destinato a guastarsi, e una “quota” di varie umanità: un trans che vuole rifarsi una vita, qualche extracomunitario, disoccupati, pensionati al minimo, un po’ di malavita da strapazzo, profittatori, qualche macchietta: piccole dosi di un po’ di tutto, insomma, molto pietismo e poca denuncia.
Ora, dunque, per Irene Dionisio il gravoso impegno di organizzare e promuovere il festival di cinema gay. Le sue “intenzioni”, il “progetto” si dice in questi casi, lo si deve ancora conoscere: non dovrebbe mancare qualche innovazione pur nel rispetto del percorso trentennale della rassegna. Accanto a lei, una squadra di esperti di lungo corso, e il neopresidente del Festival, Giovanni Minerba, che lo ha fondato con il compianto Ottavio Mai e lo ha diretto con successo fino a ieri. Auguri.
Nino Battaglia